Un intervento di restauro pittorico su un'opera d'arte deve essere preceduto da una raccolta, più ampia possibile, di notizie storiche e di analisi a carattere scientifico finalizzate ad una conoscenza approfondita dell'oggetto, in modo da impostare in maniera corretta l'operazione di restauro.
Risulta estremamente utile l'esecuzione di esami di diagnostica in cui il restauratore potrà rielaborare e interpretare correttamente ciò che le indagini gli hanno mostrato, potrà valutare con precisione quando e in quali zone reperire gli eventuali prelievi da sottoporre all'indagine del laboratorio chimico.
Il Restauro Pittorico è una delle ultime fasi di un restauro dipinto e consiste nel ricreare un collegamento cromatico laddove sono presenti lacune o abrasioni della pellicola pittorica.
Uno degli obiettivi del restauro pittorico è quello di restituire l’opera a una fruizione che coinvolge larghe fasce di pubblico il più delle volte impreparate a leggere un dipinto caratterizzato da lacune, come accadrebbe nella maggior parte dei casi se il restauro si limitasse esclusivamente alla conservazione del dato fisico.
La reintegrazione delle lacune ha due principi che sono quello della riconoscibilità e della reversibilità dell’intervento, l’osservatore potrà riconoscere il restauro pittorico ad una distanza ravvicinata mentre da lontano le lacune rimangono impercettibili.
I materiali utilizzati garantiscono la reversibilità dell’intervento nel tempo, ossia, qualora dovesse aver bisogno di un ulteriore intervento futuro, quello precedente potrà essere rimosso.
La prima fase della reintegrazione prevede una stuccatura della lacuna con gesso e colla. Il gesso, una volta essiccato, viene portato al livello della superficie pittorica. Le pennellate e le imperfezioni della superficie originale vengono in seguito imitate con gesso e colla diluiti in una maggiore quantità d’acqua. In alcuni casi può essere aggiunta al gesso una certa quantità di pigmento colorato, allo scopo di dare una intonazione simile a quella della preparazione originale.
Vi sono particolari situazioni in cui può essere deciso di non effettuare sulla stuccatura nessun ulteriore intervento, ottenendo così una reintegrazione a neutro, nella speranza di fare qualcosa di poco evidente.
Si effettuerà un collegamento della lacuna con il colore originale, utilizzando l’acquarello, il guazzo e i colori a “vernice” (pigmento mescolato a resina mastice), garantendo così la più assoluta reversibilità dell’operazione, condizione fondamentale qualsiasi tecnica di integrazione sia stata scelta. Questo vale anche per la reintegrazione a rigatino e a selezione: il collegamento del colore e, in questo caso, anche della forma, viene eseguito con un tratteggio parallelo la cui tessitura, ben visibile a distanza ravvicinata, scompare allontanandosi dall’opera (lo stesso, ovviamente, vale quando il restauro pittorico sia stato eseguito con la tecnica puntinista).
Soggetto alle più svariate critiche -anche se non privo di sostenitori e comunque largamente usato in alcune particolari situazioni- è invece il restauro imitativo, mimetico o competitivo, termini con i quali si indica un intervento che una volta ultimato non permette di distinguere le parti restaurate dalla pittura originale. Questo metodo di integrazione delle lacune, infatti, si scontra direttamente con uno dei postulati fondamentali del restauro delle opere d’arte: la riconoscibilità. Questa, insieme alla reversibilità dell’intervento e al rispetto dell’originale, deve sempre guidare le scelte del restauratore.
Noi generalmente impieghiamo un mese per completare il restauro di un dipinto antico realizzato ad olio su tela senza eccessive ridipinture e lacune. Le tempistiche sono legate alla fase esecutiva, al tipo di materiale applicato ed alla tecnica pittorica con cui è eseguita l’opera.